Un secolo fa la Grande Guerra
Solo
cento anni fa, precisamente il 24 maggio del 1915, l’Italia scese in guerra,
decidendo di partecipare al Primo Conflitto Mondiale, la grande guerra, dalla
parte delle forze dell’Intesa, alleandosi con Francia e Inghilterra. La
decisione era stata presa dopo un anno di acceso dibattito tra interventisti e
neutralisti, quando si decise di rompere il patto precedente, della Triplice Alleanza,
che l’Italia aveva firmato nel 1882 con la Germania e con l’Austria. Era
stata, infatti, l’Austria a scatenare il conflitto, attaccando la Serbia.
Mentre la Triplice aveva uno scopo difensivo, e non offensivo. La Serbia, agli occhi degli austriaci, non
voleva collaborare all’arresto di Gavrilo Princip, l’anarchico rivoluzionario,
responsabile dell’attentato di Sarajevo, ai danni dell’erede al trono
d’Austria, Francesco Ferdinando d’Asburgo, e di sua moglie Sofia, che rimasero
uccisi, il 28 giugno del 1914. Dopo
l’Austria, contro la Serbia, scese in campo la Germania.
L’Italia,
agli occhi delle potenze centrali, tradì, invece, gli accordi della Triplice,
quando Sidney Sonnino firmò segretamente il Patto di Londra, per entrare in
guerra dalla parte di Francia e Inghilterra. Per
molti italiani, infatti, la partecipazione alla grande guerra poteva garantire
il compimento dell’Unità d’Italia, non ancora completata. Mancavano,
infatti, le terre irredente di Trento e Trieste.
La
recente storiografia parla, a questo proposito, del Primo Conflitto Mondiale
come di una Quarta Guerra di Indipendenza, alla quale si decise di partecipare
per completare il processo di unificazione territoriale della penisola,
iniziato nel Risorgimento. Questa
risoluzione, costò al nostro esercito la spedizione punitiva, o Strafexpedition, nel 1916. Ad ogni modo, l’Italia,
alleata dell’Intesa, riuscì a vincere la Grande Guerra, costata immani
sacrifici in termini di vite umane. Anche se, come tutti
ricordiamo, si trattò di una vittoria mutilata. Nel Patto di Londra era,
difatti, stabilito che l’Italia, in caso di vittoria, avrebbe avuto i territori
di Trento, Trieste, l’Istria e la Dalmazia, eccetto la città di Fiume, per la
quale poi D’Annunzio si sarebbe battuto nella nota impresa del 1919.
Ma i termini del Patto non
furono rispettati. E l’Italia ebbe solo Trento e Trieste, senza la Dalmazia. L’espressione “vittoria
mutilata” fu allora coniata da D’Annunzio. Mentre Gaetano Salvemini parlò di un
vero e proprio mito, che nacque attorno alla vittoria mutilata, per ricordare l’italianità
rimasta incompiuta nel suo farsi.
Mito che, secondo lo storico
meridionalista, avrebbe poi contribuito al sorgere dell’ideologia fascista, che
avrebbe determinato la storia italiana del successivo ventennio, fino alla
Seconda Guerra Mondiale.
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