La Storia di Campo di Giove nei libri di Giovanni Presutti
Campo
di Giove fu uno dei siti montani della guerra di liberazione italiana
che portò all'unità. E dette i natali al noto brigante Primiano
Marcucci, che fu tra i protagonisti delle vicende risorgimentali
abruzzesi. Ma è anche nota come località principe degli avamposti più
importanti della nota Linea Gustav,
che interessava tutta la catena montuosa della Maiella, dal Monte
Amaro, a Tavola Rotonda, fino a Monte Coccia, al Porrara e a Monte
Malvone. Questa linea "naturale", disegnata geograficamente dal
paesaggio abruzzese, era stata individuata dai Tedeschi, nel corso della
Seconda Guerra Mondiale, come linea difensiva, oltre la quale, verso
sud, c'erano gli alleati, che molti italiani, anche dai paesi vicini e
dalla città limitrofa di Sulmona, cercavano di raggiungere, per mettersi
in salvo. Dopo il '43, difatti, Campo di Giove divenne protagonista dei
rastrellamenti nazisti, e subì una vera e propria invasione di
Tedeschi, ancora più spaventati e, pertanto, agguerriti, per la consapevolezza di avere ormai i giorni contati, grazie all'arrivo degli alleati e alla guerra di Resistenza e di liberazione partigiana. Fatti questi già noti dall'epoca della pubblicazione di "Raus", risalente al 1983.
La
storia che, invece, mi ha questa volta avvinta, leggendo Luce della Memoria, è relativa alle due
leggende che parlano dell'origine della ridente località montana di
Campo di Giove. La prima si riferisce al suo nome, e narra di Zeus,
Giove, padre degli dei che, seduto sull'Olimpo, espresse un giorno il
desiderio di avere sulla terra un posto paradisiaco nel quale
soggiornare per riposarsi e, sceso a dare un'occhiata tra i comuni
mortali, scelse infine questo piccolo borgo, situato ai piedi della
Maiella, che in suo onore denominò Campo di Giove, in quanto sua
residenza estiva.
La
seconda leggenda risale, invece, al nome della catena montuosa della
Maiella che attraversa il borgo campogiovese. La storia racconta di Maya
che, nell'intento di salvare suo figlio, ferito a morte in battaglia,
cominciò a vagare sui monti, per trovare erbe medicinali miracolose. Ma,
dopo aver lungamente cercato invano, si sdraiò sulla montagna, stanca e
addolorata, e si addormentò per sempre, morendo di dolore per la sorte
ormai inevitabile del suo figliolo. Donde il nome di Maiella a quella
catena montuosa, che in questo modo vuole ricordare la disperata sorte
della regina Maya. Motivo per il quale quella catena porta anche il nome
di "Gigante Dormiente", a memoria della donna pietrificata, con Monte
Coccia che rappresenta la testa di Maya; il Porrara che ne è il tronco; e
Monte Malvone, il cui profilo ricorda quello delle gambe e dei piedi
della sventurata. Si chiama, invece, "Femmina Morta", l'altopiano a 2500
metri di altitudine, sito all'inzio della catena della Maiella, nei
pressi di Monte Amaro.
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