La Reggia di Colorno


La storia della Reggia di Colorno, nel Ducato di Parma e Piacenza (in Emilia Romagna), inizia da molto lontano, quando, nel 1337, Azzo da Correggio fece lì costruire una rocca a scopo difensivo. Il sito era ameno, e ricco di vegetazione, ed era attraversato dal fiume Lorno, uno dei tanti affluenti del Po, che dà il nome alla cittadina di Colorno, e che permetteva, in prossimità della rocca di Azzo da Correggio, di ampliare il potenziale difensivo della stessa, inizialmente utilizzata a scopi militari.

Nel 1458, la rocca passò alla dinastia dei Sanseverino, con Roberto, e, successivamente, divenne possedimento di Barbara Sanseverino, divenendo un vero e proprio feudo di famiglia.

Nel 1612, passò, poi, alla dinastia Farnese dei Duchi di Parma, città posta a soli quindici chilometri di distanza da Colorno, ed iniziò il suo periodo di grande splendore quando, nal 1646, Ranuccio Farnese trasformò la rocca in Palazzo Ducale, facendola diventare sede dei Duchi di Parma.

Il periodo di grande sviluppo della reggia, continuò con Elisabetta Farnese, moglie di Filippo V di Spagna

Ma suo figlio, Carlo III di Borbone, nel 1734 trafugò tutti gli arredi più imponenti della Reggia per portarli a Napoli, dove elesse la sua abituale dimora. 

La Reggia ebbe un ulteriore periodo di rinascita quando, il secondo figlio di Elisabetta Farnese e di Filippo V di Spagna, Filippo di Borbone, con la moglie Luisa Elisabetta di Francia, figlia di Luigi VX, si stabilirono a vivere nella Reggia di Colorno, chiamando a corte l'architetto francese Ennemond Alexandre Petitot, per ristrutturarne le stanze.

L'influsso del Petitot è, però, visibile anche nei bellissimi giardini prospicienti la Reggia, chiamati la Versailles dei Duchi di Parma, perché realizzati con particolari forme geometriche e fontane, tipiche dei motivi della Reggia di Versailles, in Francia.

La frenetica attività del Petitot nella Reggia di Colorno è ancora visibile nel periodo in cui fu intendente il Dutillot, sotto Ferdinando di Borbone, nel 1765, figlio di Filippo e di Luisa Elisabetta.

Ferdinando scelse, per sé, di fare erigere un palazzo fuori dalla Reggia, dove più tardi si recò a vivere, in seguito alla sua separazione dalla moglie. Accanto alla sua palazzina, Ferdinando fece edificare anche la Chiesa di San Liborio, tuttora visitabile dai turisti, insieme al palazzo. 

Nel 1815, la Reggia, che dal 1807 era diventata Palazzo Imperiale, divenne possesso esclusivo di Maria Luisa d'Austria (chiamata a Colorno anche Maria Ludovica, e a Parma Maria Luigia), seconda moglie di Napoleone dopo Giuseppina Bonaparte.

Nel 1864, dopo l'Unità d'Italia, la reggia divenne sede della Scuola di Fanteria. Ma si dice anche che, ormai possesso della Casa di Savoia, dal 1861, venne defraudata ulteriormente di arredi e ori, che furono così trasferiti in Piemonte.

Nel 1872 divenne, invece, sede di un Ospedale Psichiatrico che, per molti anni, condizionò, e limitò, l'attività della Reggia, sia dal punto di vista culturale, e delle inziative sociali, che da quello esclusivamente turistico.

Dopo la chiusura del nosocomio, in seguito all'applicazione della legge Basaglia del 1978, la Reggia tornò a rifulgere in tutta la sua bellezza, e fu riaperta al pubblico dei visitatori.

Oggi la Reggia di Colorno, la Versailles dei Duchi di Parma, è visitabile internamente con percorsi guidati organizzati per visite turistiche di gruppo. Anche i suoi giardini sono visitabili ed accessibili al pubblico. La Reggia è, attualmente, utilizzata per eventi all'aperto, come la Mostra del Giglio, che si tiene ad Aprile, e convegni all'interno, nelle sale più belle, conservate ancora in buono stato.

Purtroppo anche la Reggia di Colorno porta i segni dell'ultimo terremoto che ha colpito la città di Modena nel 2012, e molti suoi ambienti sono seriamente danneggiati da crepe profonde e visibili ai suoi visitatori.

Attualmente la Reggia di Colorno è sede dell'Alma, una delle scuole di cucina più prestigiose che possiamo vantare sul territorio italiano, che si pregia di avere come Rettore Gualtiero Marchesi, e può contare sul nome illustre di molti altri studiosi, accademici e non, delle specialità tipiche che l'Italia può rappresentare nel mondo, presenti perciò anche nei padiglioni dell'Expo 2015, appena aperto a Milano.

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